Greenpeace: invasione di plastica sulle spiagge italiane

Greenpeace: invasione di plastica sulle spiagge italiane

Greenpeace lancia Plastic Radar: segnalazioni eco su Whatsapp

Si è da poco conclusa l’iniziativa Plastic Radar, una sperimentazione di segnalazioni tramite i social avviata da Greenpeace Italia per mappare i rifiuti di plastica che vengono lasciati sulle spiagge italiane. L’associazione no profit ha lanciato questa sfida ecologica attraverso Whatsapp lo scorso giugno, presentando a settembre 2018 i risultati della ricerca: quasi 9 mila segnalazioni in tre mesi da parte di oltre 3 mila persone, per un totale di 6798 oggetti fotografati in stato di abbandono a ridosso dei nostri mari.

Lo scopo dell’iniziativa era infatti quello di monitorare lo stato della plastica sulle spiagge e nei mari italiani, stimolando la partecipazione attiva dei cittadini di tutta Italia. Gli utenti di Whatsapp sono così stati sensibilizzati al problema dell’impatto negativo dei rifiuti sulle spiagge e hanno portato avanti in prima persona un’investigazione e una denuncia di quanto osservato. L’indagine così realizzata sull’inquinamento da plastica nei mari e sulle spiagge italiane ha rivelato l’esistenza di quantità enormi di plastica monouso nei luoghi frequentati da tutti noi durante la stagione estiva. La plastica maggiormente segnalata (91,51%), infatti, consisteva in imballaggi per la conservazione degli alimenti liquidi o solidi che risultano molto pericolosi per la natura. Tali rifiuti sono di fatto usa e getta, ma non scompaiono: si deteriorano, si frammentano, diventano micro-plastica o nano-plastica e rimangono nell’ambiente, spesso provocando il soffocamento per alcuni animali. Come dice lo stesso report stilato da Greenpeace a fine esperimento, il nostro è un “Paese che sembra circondato da un mare di rifiuti di plastica, in gran parte usa e getta”.

Quali sono i rifiuti più fotografati per Greenpeace?

Grazie alle 8900 segnalazioni ricevute da Greenpeace (di cui 6798 valide), attraverso l’applicazione di messaggistica istantanea Whatsapp, è possibile tracciare una vera e propria classifica delle zone maggiormente inquinate sulle coste italiane: in prima posizione troviamo le località che si affacciano sul Mare Adriatico (2352 segnalazioni), poi quelle sul Mar Ionio (1521 segnalazioni) e infine le aree marine del Mar Tirreno (1437 segnalazioni). L’investigazione condivisa (crowd-sourced investigation) ha coinvolto più di 3200 persone, alcune delle quali hanno mandato anche 25 segnalazioni valide a testa.

I prodotti immortalati e inviati a Greenpeace consistevano soprattutto in bottiglie (25,58%), seguite da confezioni di alimenti (9,97%), frammenti (6,53%), sacchetti (4,28%), bicchieri (3,63%) e flaconi di detersivi (3,35%). Per quanto riguarda le categorie di rifiuti segnalate, sono state per la maggior parte bevande (2292), alimenti (1316), frammenti (444), prodotti da pesca (231), prodotti per l’igiene della casa (228), prodotti per l’igiene personale (201) e oggetti di hobbistica (192).

Greenpeace: aziende e marchi che inquinano le spiagge italiane

Dalle immagini inviate – che presentavano la fotografia del rifiuto e la sua posizione, la foto del marchio e la foto del polimero di plastica (ove possibile) – è stato inoltre possibile rintracciare quali sono stati i marchi principali immortalati e inviati a Greenpeace. Ecco la top 10 dei marchi maggiormente segnalati sui prodotti di plastica che sono stati rintracciati sulle spiagge italiane: San Benedetto (15,82%), Coca Cola (8,92%), Estathè (6,32%), Acqua Vera (6,16%), Blues (5,73%), Levissima (4,67%), Kinder (4,46%), San Carlo (4,03%), Fanta (3,29%) e Sant’Anna (2,87%). Per quanto riguarda le 5 aziende che secondo la ricerca inquinano maggiormente, troviamo nell’ordine: San Benedetto Spa, Coca-Cola Company, Nestlè Italiana Spa, Ferrero Spa e infine Eurospin Italia Spa. Le prime tre, nel complesso, pesano per più del 44% delle segnalazioni ricevute.

Di fronte a questi dati allarmanti è certamente importante attivarsi personalmente per portare avanti il sistema della raccolta differenziata, ma anche che le aziende riducano la produzione di plastica. Come si legge nello stesso report, infatti: “Sebbene la presenza di rifiuti in plastica lungo i litorali italiani sia molto spesso imputabile a uno scorretto comportamento individuale, le grandi multinazionali degli alimenti e delle bevande, ovvero le realtà che immettono sul mercato globale i più grandi volumi di plastica monouso, devono assumersi le proprie responsabilità di fronte a un quadro sempre più allarmante di inquinamento dei mari”. Il report conclude quindi dicendo che “è indispensabile favorire e incentivare una drastica riduzione della quantità di plastica monouso immessa sul mercato ricorrendo, ove necessario, ad alternative riutilizzabili. Solo così riusciremo a ottenere il cambiamento necessario e a salvare i mari del Pianeta dalla plastica”.

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