Glifosato, un erbicida ‘potenzialmente cancerogeno’
Il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo. Negli ultimi anni ha attirato l’attenzione di molti enti e organizzazioni a livello internazionale, trovandosi in particolare al centro del dibattito tra le multinazionali del settore dei pesticidi e il Parlamento Europeo. Il motivo di tanto interesse sta nella sua presunta pericolosità, non solo per l’ambiente ma anche per la salute umana. Basti sapere che in Italia, ad oggi, non può più essere utilizzato in aree frequentate dalla popolazione e “gruppi vulnerabili” (parchi, giardini, campi sportivi, aree gioco, cortili, aree verdi in scuole od ospedali) e nelle fasi di pre-raccolta dei cereali. Ma chiariamo innanzitutto che cos’è il glifosato e dove viene utilizzato.
Il glifosato è una sostanza attiva ampiamente utilizzata nei pesticidi, scoperta nel 1950 da un chimico svizzero e messa in commercio come diserbante per l’agricoltura negli anni ’70 da una multinazionale americana: l’azienda Monsanto. Questo prodotto è principalmente utilizzato sul terreno prima o dopo la semina e sulle piante, al fine di eliminare le infestanti. Essendo a basso costo, è impiegato sia per gli infestanti annuali sia per quelli perenni e viene applicato su fusto, foglie e radici delle piante. Viene venduto sotto forma di liquido pronto per l’uso oppure in forma solubile, si assorbe in 5-6 ore e dissecca la vegetazione dopo 10-12 giorni. Dal momento che viene utilizzato per metodi produttivi legati all’agricoltura intensiva, riduce la sostenibilità a vantaggio di una maggiore produttività. Questo rappresenta il primo aspetto negativo di tale erbicida, seguito poi da ripercussioni a livello di salute e di ambiente.
Studi e interventi per limitare l’uso del glifosato
La storia del glifosato inizia negli anni ’50 del 1900 in Svizzera, ma è dal 1974 che questa sostanza ha raggiunto il mercato portando guadagni immensi alla società Monsanto che ne deteneva il brevetto (scaduto nel 2001) con il prodotto Roundup. Dal 2001, moltissime aziende hanno iniziato a utilizzare il glifosato all’interno dei diserbanti, diffondendolo a macchia d’olio come metodo efficace per eliminare le piante infestanti. Approvato quindi dapprima negli Stati Uniti e poi in Europa (nel 2002) dalla Commissione Europea, nel 2016 è stato al centro di alcune polemiche che evidenziavano la pericolosità di tale sostanza: tanto che il Ministero della Salute italiano aveva decretato la revoca dell’autorizzazione all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari contenenti glifosato. La motivazione? Il glifosato era considerato, e lo è tuttora, un erbicida ‘potenzialmente cancerogeno’ che provocherebbe danni al dna umano. Nonostante questa considerazione, portata avanti tra gli altri da Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), nel 2017 il glifosato ha ricevuto l’approvazione della Commissione Europea per il commercio per altri 5 anni. 18 i Paesi europei che hanno votato a favore del mantenimento del diserbante sul mercato, mentre 9 Paesi hanno espresso voto contrario (per ottenere un’Europa “glyphosate free”) e uno si è astenuto dalla votazione.
Il Parlamento Europeo, in contrasto con la Commissione, tramite risoluzione ha richiesto il divieto totale di questa sostanza entro il 2022, istituendo una Commissione speciale di studio per valutare la pericolosità del glifosato e vigilare sull’azione delle agenzie dell’Unione Europea. Oltre al Parlamento Europeo, anche un’iniziativa cittadina ha portato a termine una raccolta firme (oltre 1 milione di adesioni) per domandare il divieto dell’erbicida.
Il glifosato in Italia: verso l’eliminazione dal mercato?
In Italia, attualmente, i disciplinari produttivi limitano l’uso del glifosato al di sotto della soglia del 25% (rispetto a quelle europee). Obiettivo è portare all’utilizzo ‘zero’ di questo diserbante entro il 2020. Anche lo stesso Ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, si è recentemente espresso per “combattere l’invasione del glifosato in Italia”. La spinta all’eliminazione di questa sostanza dal mercato è stata anche causata dalla recente sentenza del tribunale di San Francisco contro l’azienda Monsanto: quest’ultima, infatti, è stata condannata a un maxi risarcimento di 289 milioni di dollari a favore di un giardiniere malato di cancro. La presunta pericolosità di questa sostanza per la salute viene confermata da alcuni esperimenti realizzati sui topi: essi hanno, infatti, sviluppato tumori ai reni e al tessuto connettivo in seguito all’esposizione al glifosato.
Nel nostro Paese, quindi, al momento viene applicato il ‘principio di precauzione’ per il glifosato: si cerca di limitarne la vendita, ma non è ancora vietato. Proprio in Italia, per questo motivo, è partita la coalizione #stopglifosato che richiede un piano nazionale per l’eliminazione del glifosato e una valutazione scientifica dei pesticidi per l’approvazione regolamentare nell’Unione Europea che sia basata su studi pubblicati e indipendenti dalle aziende produttrici di pesticidi. Si vuole così seguire l’esempio della Francia, che ne ha recentemente vietato l’uso. L’eliminazione del glifosato dal mercato permetterebbe quindi di arginare non solo i potenziali rischi per la salute umana ma anche di ridurre l’inquinamento delle acque, preservare la biodiversità ed evitare il pericolo che finisca negli alimenti.
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